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Milano - Pavia - ciclabile

Visto che sta arrivando la primavera ecco un bell' Itinerario breve e totalmente pianeggiante per una gita in bicicletta.
Ideale nei mesi primaverili quando il caldo è meno afoso.. La pista ciclabile segue il corso del Naviglio Pavese.
La pista ciclabile se parti da Milano  parte dalla darsena, a pochi passi dal centro città e prosegue lungo l’Alzaia del Naviglio Pavese dal lato opposto a quello delle automobili e la sensazione di essere già lontano dalla città è palpabile.

La pista è tutta in discesa (la pendenza è la stessa che fa scorrere l’acqua da Milano verso Pavia) e il fondo stradale è quasi completamente asfaltato, si trovano soltanto brevi tratti di sterrato compatto su cui comunque si può procedere con qualunque tipo di bicicletta. Superata la Chiesa Rossa e la Conca Fallata, la chiusa più importante con i suoi quasi cinque metri di “salto”, si pedala attraverso il Parco agricolo Milano Sud, passando da Assago Milanofiori fino ad arrivare a Zibido San Giacomo e da li arrivati a Badile, frazione di Zibido San Giacomo, si attraversa il Naviglio per passare sulla sponda sinistra e imboccare la  pista ciclabile che raggiunge la Certosa di Pavia. A Binasco, siamo a metà del percorso, si prende il sottopassaggio ad angolo retto nelle vicinanza di una rotonda. È uno dei tratti più belli di tutta la ciclabile con i fossi e lunghi filari di alberi che ti accompagnano lungo il naviglio. Gli aironi che si possono vedere in lontananza indicano che sono in arrivo le prime risaie, coltivazione tipica della campagna pavese.

A sei chilometri da Pavia ecco Giussago e, se guardi sulla sinistra dopo 4 km vedrai la monumentale Certosa di Pavia che comprende il monastero e il Santuario della Beata Vergine Maria Madre, opere volute da Gian Galeazzo Visconti nel 1393 per celebrare la ricchezza della nobiltà milanese. Tappa alla Certosa per una breve sosta per visitare questa bellissima chiesa e dopo 4 km si arriva alla nostra meta : Pavia. 

La pista ciclabile a Pavia passa ai lati delle antiche mura e dopo il castello Visconteo, la pista attraversa la zona pedonale della cittadina che vede le acque del naviglio confondersi con quelle del Ticino e termina passando dal centro di Pavia e il quartiere Borgo Ticino dove  sono collegati dal Ponte Coperto (chiamato anche Ponte Vecchio), uno dei simboli della città. L’originale risale al XIV secolo ma nel Secondo Dopoguerra fu abbattuto e, quindi, ricostruito (in realtà non nella stessa posizione, bensì 30 metri più a valle). Dal ponte coperto puoi vedere il ticino che con le sue acque dona a Pavia la bellezza della città sul fiume.

L'itinerario andata e ritorno è di ca.70 km.

Puoi ovviamente decidere di iniziare l'itinerario in diversi punti: dalla Darsena ma anche da Assago Milano fiori, o da Zibido, o da Badile e ovviamente anche da Binasco.

Il mio itinerario è partito raggiungendo la pista ciclabile da Zibido facendo così 63 km.

Molto bella e suggestiva e sempre su strada asfaltata e solo per bici.

la certosa di Pavia.

il ponte coperto a Pavia con il Ticino.

il mio itinerario 


Monte Avaro il paradiso è qui

Una bellissima gita a poche ore da Milano.
In inverno è uno spettacolo bianco, in estate è un via vai di sentieri.
Parliamo del Monte Avaro, località di montagna a 1900 metri sopra a Cusio in Val Brembana.
È un panettone dove puoi trovare la tranquillità delle passeggiate con e senza  ciaspole, la voglia di sciare con un anello di fondo e le discese con il bob, il tutto con tre ristoranti tipici anche d'asporto. Il tutto con il sole che splende alto nel cielo azzurro.
Si può raggiungere in auto con parcheggi tutto intorno ai ristoranti e sulla strada che termina in questo fantastico monte.
Queste sono alcune foto che ho fatto ieri domenica 14 febbraio 
per arrivare sul monte avaro il paese di Cusio ha messo un pedaggio di 2 euro ad autovettura per poter così mantenere la strada e il paesaggio in sicurezza. Subito dopo il paese c'è la macchinetta dei ticket giornaliero per accedere alla strada.

Questa e Cusio :
C'e una leggenda per spiegare il nome del monte avaro:
il monte si diceva che pparteneva a signorotto di Cusio, un  abitante ella piccola comunità posta alla sommità della Valle Averara. Una cosa è certa: quel tale era una persona assai  taccagna ed era conosciuto in tutta la valle, e anche fuori, proprio per la sua non comune avarizia, al punto che la gente aveva preso a chiamarlo "Avaro" o peggio, "Avarù" e lo per non pagare le tasse e per giunta non sganciava mai un soldo per contribuire alle necessità della parrocchia, anzi, si era ridotto a non andare nemmeno più in chiesa, cosa che suscitava le critiche severe del parroco e i commenti scandalizzati dei compaesani che cominciarono a non rivolgergli più la parola e ad evitarlo, costringendolo a vivere da solo come un eremita tra le sue ricchezze.
Il signorotto era proprietario di un alpeggio dove portava ogni anno la sua mandria, ma il pascolo era piuttosto sterile, essendo ricoperto di grossi macigni sparsi dappertutto, tanto da assomigliare quasi a una vasta pietraia con pochi ciuffi d'erba. I paesani,che conosceva lo stato non proprio florido di quel monte, ne parlava spesso, in termini non certo compassionevoli, quasi a voler sottolineare la rivincita dell'alpeggio sulla taccagneria del suo proprietario. "Chèl che s' fa 'l vé rendì" esclamavano furtivamente gli altri mandriani. Col passare degli anni, per analogia con l'indole del suo proprietario, i cusiesi presero a chiamare quell'alpeggio "il monte avaro" avaro come il suo padrone. Un'estate nella quale l'erba era più scarsa del solito e le mucche avevano grosse difficoltà a nutrirsi, il mandriano fu preso dalla disperazione e una sera, seduto fuori dalla sua baita, più avvilito che mai, mormorò fra sé: "Darei la mia anima al Diavolo se in cambio potessi ripulire la montagna da tutto questo pietrame.
Non aveva nemmeno finito di pronunciare queste parole che sentì un forte boato accompagnato da un terremoto. Vicino a lui si aprì un profondo cratere da cui uscì, avvolto in una densa nuvola nera, il Diavolo in persona, sotto le sembianze di un rosso caprone, tutto peloso, con le corna acuminate e la lunga coda attorcigliata, dalla punta a forma di freccia. "Ai tuoi ordini - gridò il diavolo all'avaro- dammi la tua anima e io ti ripulisco il monte così bene da farlo diventare il pascolo più bello di tutta la vallata. L'avaro, che fino a un attimo prima avrebbe accettato di scendere a patti col Diavolo, adesso, di fronte alla prospettiva di vedere concretizzato il suo sogno, fu preso dal panico perché sapeva che l'anima è importante.- non voglio perderla, non voglio andare a bruciare all'Inferno" disse al diavolo e lui vedendolo titubante, lo incalzò:  non dare ascolto a tutto quello che ti dicono. E' tutta una scusa inventata dai preti per carpirti i tuoi soldi e impedirti di godere appieno delle gioie della vita". E stuzzicando la sua avidità, soggiunse: "E' un affare da non perdere, pensa ai soldi che ne potrai ricavare, prova ad immaginare quanti anni ti ci vorrebbero per fare questo lavoro da solo, considera invece che già da questa estate tu potrai far pascolare le tue bestie su un terreno tutto dissodato e fertile. L'AVARO  si voltò ad osservare il vasto pianoro disseminato di macigni e lo immaginò per un momento tutto coperto d'erba verde e di fiori, con la sua mandria intenta a pascolare al suono dei campanacci. Questa visione fu talmente convincente che alla fine l'avaro cedette e accettò il patto col Diavolo ad una condizione: "Il lavoro dovrà essere svolto questa notte e portato a termine prima che dal campanile di Cusio giungano i rintocchi dell'Ave Maria del mattino, altrimenti tu non avrai alcun diritto sulla mia anima". Egli era infatti convinto che sarebbe stato impossibile, non dico finire, ma anche solo arrivare a metà di un lavoro così improbo, per cui, alla fine gli sarebbe rimasta la sua anima e avrebbe avuto il monte almeno in parte ripulito. Era meglio che niente. Ma non aveva fatto i conti con l'astuzia del Diavolo infatti appena furono calate le tenebre, il Monte Avaro si riempì di ombre che si misero al lavoro di buona lena e in assoluto silenzio. Erano decine di diavoli tutti rossi e pelosi. I macigni venivano sradicati uno dopo l'altro e fatti rotolare giù per la montagna. Il lavoro procedeva speditamente e l'avaro cominciò a temere che sarebbe stato portato a termine entro il tempo concordato. Era quasi l'alba e mancava solo un enorme macigno, il più grosso di tutti, piantato in mezzo al pianoro. I diavoli gli si fecero intorno e unirono gli sforzi per toglierlo di mezzo.  il grqnde sasso cominciò a muoversi, prima impercettibilmente e presto avrebbe fatto la stessa fine di tutti gli altri.

L'avaro si sentì perduto e si vide già all'inferno e si pentì di avere stretto quel patto scellerato col Diavolo, ma forse era troppo tardi. Mentre il macigno, ormai del tutto divelto, veniva faticosamente trasportato verso i margini del pianoro per essere precipitato giù nella valle, il mandriano fece un ultimo tentativo per salvarsi, si segnò, si raccomandò l'anima al Signore e recitò un'Ave Maria. Poi, colto da un'improvvisa ispirazione, prese a correre alla disperata giù per la montagna, nell'estremo tentativo di arrivare a Cusio e suonare la campane prima che l'opera dei diavoli fosse terminata. Una corsa affannosa per sentieri impervi e fitti boschi, e finalmente il paese, l'abitazione del sagrestano, un'altra breve corsa verso la chiesa, il campanile, le campane. Appena in tempo: ecco levarsi dal campanile di Cusio il primo rintocco dell'Ave Maria. Ancora pochi secondi e il lavoro sarebbe stato compiuto, invece il macigno era ancora lì, ai margini del pianoro. Il Diavolo dovette ammettere la propria sconfitta e se ne tornò infuriato all'Inferno, lasciando le impronte delle sue zampe caprine su quell'ultima pietra. Da quel momento il monte divenne un bel pascolo ricco d'erba e di fiori, con due laghetti di acqua limpida adatti ad abbeverare le mandrie.

Non si sa invece che fine abbia fatto l'avaro, qualcuno afferma che, pentitosi della sua vita gretta e senza senso, diventò un benefattore della sua comunità, ma è probabile che, divenuto ancora più tirchio ed egoista, abbia finito i suoi giorni solo ed abbandonato, senza poter gustare appieno la bellezza della fertile montagna. Forse il suo spirito si aggira ancora oggi, insoddisfatto, cercando inutilmente di disturbare con la sua presenza l'allegria degli escursionisti e degli sciatori che d'estate e d'inverno godono la bellezza di quella montagna.

In estate se passeggiate sul.monte avaro troverete il sasso con l'impronta del diavolo come da leggenda.


È bellissimo anche d'estate, lo vedrete nel mio prossimo post.


Rifugio Benigni

 Un'escursione media per un rifugio da sogno.

Il rifugio Benigni si trova nel Parco delle Orobie Bergamasche  ed è sito all’inizio di un piccolo altopiano che partendo dal lago Piazzotti si protende tra la val Salmurano e la val Tronella, proprio sul confine tra le province di Bergamo e Sondrio . Noi lo raggiungiamo dalla val Brembana.Tra rocce, pratini, pozze d’acqua e stambecchi si gode di una vista grandiosa che spazia dalle vette del gruppo Masino-Bregaglia, al Disgrazia, alla Valmalenco, fino ad abbracciare tutte le Orobie e raggiungere la pianura.

Il rifugio è raggiungibile in 2-3 ore da diversi punti di accesso sia in alta val Brembana che dalla val Gerola e, impiegando un po’ più di tempo, anche dalla Valsassina e dal passo di San Marco; per questo è meta ideale per escursioni di diverso tipo: la semplice gita in giornata, il pernottamento in rifugio, il giro ad anello di uno o più giorni o la traversata.

Nelle vicinanze potete trovare diverse vie di arrampicata, alcune delle quali attrezzate (relazioni consultabili in rifugio), e numerose vette, raggiungibili con le più varie difficoltà: cima Piazzotti (2349 m, 20′), pizzo Trona (2510 m, 2 ore e 30′), pizzo Tre Signori (2554 m, 3 ore), monte Valletto (2371 m, 1 ora e 30′), pizzo Giacomo (2184 m, 1 ora). Salendo al rifugio incontrerete molti animali: una grande quantità di marmotte e stambecchi, e quando c’è poca gente, se si è più fortunati, anche camosci, rapaci, volatili del bosco, volpi, cervi.

Le mie indicazioni: il rifugio noi lo raggiungiamo dalla Val Brembana che è una delle valli lombarde che si trova in provincia di Bergamo e il rifugio Benigni fa parte del comune di Cusio. I paesi più conosciuti nelle vicinanze sono San Pellegrino Terme, Lenna, Piazzatorre, piazza Brembana.

Il rifugio è a 2.222 metri ed è raggiungibile a piedi lasciando la macchina sopra a Cusio nella frazione Maddalena località Sciocc, numero sentiero 108 delle Alpi Orobie.

Tempo andata: 
02:00
Tempo ritorno: 
01:30

Il sentiero inizia in località baita Sciocc a quota 1508 m, lungo la strada che sale da Cusio ai Piani dell'Avaro (possibilità di parcheggio). Superata una breve rampa, poi con percorso pianeggiante verso ovest si attraversa il rado bosco per giungere alla Casera Valletto (1782 m). Dopo qualche tornante, in prossimità dei piloni dell'ENEL, si incrocia il  sentiero 107che sale da Ornica. 

Si continua, sempre con salita mai faticosa ma costante, fino a raggiungere la conca posta sotto il passo di Salmurano. Sulla sinistra è possibile salire al rifugio con il il sentiero 108 A.

 Si prosegue e si lascia poco dopo sulla destra il il sentiero 107che sale al passo e si continua costeggiando la base della parete e inerpicandosi lungo il ripido "canalino", non difficile se si segue con attenzione il percorso segnato ma da percorrere con la dovuta concentrazione. Il canalino è una piccola parete rocciosa con sassi e rocce che servono per arrampicarsi. 

Si sbuca in una conca posta poco sotto al rifugio, che ancora non si fa scorgere. Si sale un ultimo tratto sino ad incrociare il sentiero 101 che proviene dal rifugio Grassi e, in breve, si raggiunge il rifugio benigni (2222 m), posto su un magnifico balcone panoramico naturale verso la catena retica. 

Il punto più faticoso oltre al canalino è subito prima i piloni dell'enel ma con calma si raggiunge la parte pianeggiante prima del canalino.

È un piccolo rifugio dove intorno nei giorni soleggiati puoi ammirare il panorama delle Alpi e vicino al rifugio ci sono due laghetti dove poter prendere il sole e riposare.

Al rifugio puoi mangiare,  fare una sosta o pernottare per poi procedere anche verso altri giri o mete tipo il.rifugio Grassi o il.pizzo dei tre signori.

questo è il canalone.


Ed ecco il rifugio 




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